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lunedì 26 novembre 2018

italiano per ISO 17011 - 3. discussione e conclusioni


3. discussione e conclusioni

I contenuti della norma ISO 17011, ancorché non tradotte ufficialmente, sono in grado di influenzare numerosi documenti, tra cui regolamenti, check-list e documenti dei sistemi qualità sia negli enti di accreditamento che a cascata nelle organizzazioni che sviluppano un loro sistema di gestione. La corretta traduzione ed interpretazione delle parole usate da ISO 17011 è perciò importante per la corretta applicazione nelle attività sia degli enti di accreditamento che dei soggetti accreditati. Possiamo dire con Egger che quando si sbaglia in un contesto ufficiale si rischia di ufficializzare l'errore.1
Le insidie della lingua inglese sono molte. I termini a rischio basso sono pochi, se si escludono i numerosi derivati della parola "accreditamento".
In alcuni casi, come per la parola "conformità", la parola deve avere un valore puramente convenzionale, confinato all'ambito ristretto delle norme tecniche destinate appunto alle attività elencate da ISO. In altri casi la parola inglese costituisce una vera trappola come "falso amico", con conseguenze catastrofiche non solo nella lingua ma persino nella prassi, come nel caso di "scope" (ambito). In altri ancora la trappola è stata costruita in italiano da altre norme, come gli articoli di legge che hanno introdotto in sanità l'accreditamento "istituzionale", inducendo in errore migliaia di innocenti operatori sanitari. Altre parole, come "imparzialità", possono avere valori multipli in italiano, ma tra questi solo uno si applica alla norma ISO.
Va evidenziata la scomparsa ufficiale della parola "audit", fonte di grande incertezza tra gli italiani per la pronuncia (latina o anglosassone). La parola "valutazione" forse non migliorerà le attività dei valutatori (già "ispettori"), ma almeno potrà risolvere l'ambiguità orale.
Mettere in pratica le norme tecniche non è operazione facile. Prestare attenzione all'uso delle parole non è affatto irrilevante, al contrario può evitare fin da subito di avviarsi in percorsi potenzialmente errati. In alternativa all'uso errato o alla piccola fatica di individuare la versione corretta abbiamo solo la parola inglese originale, con le conseguenze negative già descritte da qualche autore.2
E' vero che come diceva Leopardi nello Zibaldone che "...noi pensiamo parlando. Ora nessuna lingua ha forse tante parole e modi da corrispondere ed esprimere tutti gl’infiniti particolari del pensiero.". 3 Tuttavia, nessuno ritiene di dover usare sempre e comunque parole inglesi se sono disponibili buone alternative italiane. Soprattutto se il prestito o la versione acritica non tengono conto delle possibili differenze di significato concreto e della insidiosa presenza di "falsi amici". E' così cresciuto un vasto movimento di gentile resistenza all'eccessiva invadenza degli anglicismi.4
La gestione degli anglicismi non è facile. Si basa sulla proposta di buone alternative autoctone, l'appoggio di centri economici e politici dotati di autorevolezza (non basta l'Accademia della Crusca) e soprattutto sulla tempestività dell'intervento, quando il forestierismo inizia a diffondersi, in assenza di proposte alternative, sia quando, eventualmente, si trova a competere con alternative italiane.5

1Jean-Luc Egger. "Anche di qua nuova schiera s’auna”: neologismi e ufficialità plurilingue. In in La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi, 2015 Accademia della Crusca, Firenze – goWare, Firenze
2Zoppetti A. Diciamolo in italiano. Gli abusi dell'inglese nel lessico dell'Italia e incolla. Hoepli, Milano 2017.
3Giacomo Leopardi. Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura (1817-1832). http://www.leopardi.it/zibaldone1.php
4Annamaria Testa. Parole preziose. Internazionale 9 febbraio 2015 11.34 https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2015/02/09/parole-preziose
5Michele A. Cortelazzo. Per un monitoraggio dei neologismi incipienti. in La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi, 2015 Accademia della Crusca, Firenze – goWare, Firenze

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